Cognitivo
La psicoterapia cognitiva è una forma di terapia psicologica che si basa sul presupposto che vi è una stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti e che i problemi emotivi sono influenzati da ciò che pensiamo e facciamo nel presente.
Lo stesso evento, può produrre emozioni e comportamenti differenti a seconda di come li si interpreta. Questo spiega perché una stessa situazione-stimolo può provocare in soggetti diversi, o nello stesso soggetto in momenti differenti, due reazioni completamente opposte.
Perché interpretiamo gli eventi? Per dare un senso a ciò che ci circonda.
Le varie interpretazioni, col passare del tempo, creano convinzioni e apprendimenti, che non sempre sono adeguati per il benessere della persona.
Le convinzioni disfunzionali che si creano sono delle strutture interpretative di base con cui la persona rappresenta se stesso e gli altri. Tali credenze influenzano il modo di pensare ed agire del soggetto.
Nello specifico le credenze producono pensieri automatici, come ad esempio “Sarò sempre un fallito”, “sbaglio sempre tutto”, “sono un incapace”, “non merito di essere amato” etc..
Essi sono facilmente modificabili e sono direttamente responsabili delle emozioni provate dalla persona.
Studi scientifici controllati hanno dimostrato l’efficacia della terapia cognitiva nel trattamento della maggior parte dei disturbi psicologici, tra cui la depressione maggiore, il disturbo di panico, la fobia sociale, il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo ossessivo-compulsivo, i disturbi dell’alimentazione, le psicosi.
Altre ricerche condotte sia a livello nazionale (es. Istituto Superiore della Sanità) che internazionale (es. Organizzazione Mondiale della Sanità) hanno dimostrato che la psicoterapia cognitiva ha un’efficacia maggiore o pari agli psicofarmaci nella cura di molte patologie psichiatriche. Se paragonata agli psicofarmaci, inoltre, la terapia cognitiva risulta essere più utile nella prevenzione delle ricadute. In alcuni disturbi (es. disturbo bipolare, psicosi), tuttavia, il trattamento farmacologico continua ad essere indispensabile.
È stato anche provato che questo tipo di terapia è efficace indipendentemente dal livello di istruzione, stato sociale e reddito della persona che richiede il trattamento.
Alcuni dei principali approcci sono quelli della REBT (Rational-Emotive Behavioural Therapy), di Albert Ellis; gli approcci cognitivisti classici, di Aaron T.Beck; gli approcci del secondo cognitivismo, o neocognitivismo clinico di impronta costruttivista, derivati dal lavoro pionieristico di George Kelly (che pure personalmente non si definiva “cognitivista”).
Mentre gli approcci classici (Ellis, Beck) sono fortemente influenzati dai rigidi approcci del cognitivismo HIP (Human Information Processing), imperante nella psicologia sperimentale degli Stati Uniti nel corso degli anni settanta, all’interno degli approcci cognitivo-costruttivisti sono maggiormente focalizzati i contributi della seconda cibernetica di Heinz von Foerster, Humberto Maturana e Francisco Varela; della teoria sistemica; della teoria dell’Attaccamento di John Bowlby; degli approcci costruttivisti della Personal Construct Psychology.